La richiesta di non divulgazione dell’esecuzione (art. 8a cpv. 3 lett. d LEF) dopo il decorso del termine massimo per la continuazione (art. 88 cpv. 2)

a cura dell’avv. Christopher Jackson, LL.M., Partner

 

Dal 1° gennaio 2019, il debitore ha la facoltà di chiedere all’Ufficio esecuzioni di non dar notizia a terzi di un’esecuzione, qualora il creditore, nel termine di tre mesi dalla notifica del precetto esecutivo, non abbia promosso un’istanza di rigetto dell’opposizione (art. 8a cpv. 3 lett. d LEF). Tale norma è – come noto – stata introdotta con lo scopo di tutelare i debitori oggetto di procedure esecutive ingiustificate.

Ad oggi, la giurisprudenza federale ha avuto modo di chiarire che anche qualora l’istanza di rigetto dell’opposizione venga respinta, il diritto del debitore di chiedere la non divulgazione dell’esecuzione viene meno. Infatti, il creditore ha comunque manifestato la sua intenzione di proseguire con il procedimento esecutivo (cfr. DTF 147 III 41).

Tuttavia, era rimasta aperta la questione a sapere se, decorso il termine massimo di un anno a disposizione del creditore per chiedere la continuazione dell’esecuzione (art. 88 cpv. 2 LEF), sussistesse ancora il diritto del debitore di chiedere la non divulgazione dell’esecuzione a terzi. Infatti, decorso il termine annuale, il creditore non ha più il diritto di chiedere il rigetto dell’opposizione e di proseguire quindi con l’esecuzione.

Il Tribunale federale si è recentemente (e finalmente) chinato sulla questione (TF 5A_927/2020 del 23.08.2021). Nella fattispecie, la debitrice, decorso il termine annuale di cui all’art. 88 cpv. 2 LEF, ha chiesto all’Ufficio esecuzioni di non divulgare l’esecuzione promossa nei suoi confronti: infatti, il creditore non aveva promosso alcuna azione di rigetto dell’opposizione. L’Ufficio esecuzioni (così come le successive istanze) ha respinto la richiesta, rilevando come, a seguito del decorso del termine di cui all’art. 88 cpv. 2 LEF, il diritto alla non divulgazione non sussista più.

Il Tribunale federale, nella sua decisione, ha tutelato tale conclusione: a mente dell’Alta corte, una volta perento il diritto del creditore di chiedere la continuazione dell’esecuzione, non è più possibile capire se la sua inattività sia sintomo di un’esecuzione ingiustificata. Infatti, in nessun caso (nemmeno nel caso di un’esecuzione legittima) il creditore potrebbe proseguire con la procedura, essendo l’esecuzione nel frattempo perenta.

Pertanto, decorso infruttuoso il termine annuale di cui all’art. 88 cpv. 2 LEF, il debitore non ha più la facoltà di avvalersi dell’art. 8a cpv. 3 lett. d LEF ma dovrà – se del caso – agire in accertamento negativo del credito, rispettivamente per l’annullamento dell’esecuzione ai sensi dell’art. 85a LEF.

Di conseguenza, è nell’interesse dell’escusso attivarsi prima del decorso del termine annuale di cui all’art. 88 cpv. 2 LEF, richiedendo all’Ufficio esecuzioni, appena possibile (ossia non appena trascorsi i 3 mesi dalla notifica del precetto esecutivo), la non divulgazione dell’esecuzione. In caso contrario, sarà il debitore a doversi prodigare, in sede giudiziaria, per “ripulire” il proprio estratto esecutivo.

Infine, va anche rilevato come il TF abbia – sempre nel 2021 (TF 5A_701/2020 del 23 luglio 2021) – chiarito che nemmeno il debitore che salda il debito posto in esecuzione abbia il diritto alla non divulgazione dell’esecuzione ai sensi dell’art. 8a cpv. 3 lett. d LEF. Infatti, il debitore che salda il debito, implicitamente riconosce che l’esecuzione non era affatto ingiustificata e pertanto non può prevalersi della norma prevista unicamente per tali casi.

Per qualsiasi chiarimento, restiamo a vostra disposizione.