Uso di riprese della videosorveglianza pubblica in sede giudiziaria a fini probatori
a cura dell’avv. Christopher Jackson, Partner
In un precedente articolo (https://lenzin.legal/news/utilizzabilita-di-riprese-gopro%e2%80%8b-nellambito-di-un-procedimento-penale/), ho affrontato la questione a sapere se una ripresa effettuata da un privato (per mezzo di una videocamera di tipo Go-Pro posta sul casco) possa essere usata, a fini probatori, nell’ambito di un procedimento penale relativo ad un’infrazione alla Legge sulla circolazione stradale.
Nel presente articolo ci si china per contro sull’uso di riprese effettuate dalla video-sorveglianza pubblica, sempre nell’ambito di infrazioni alla Legge sulla circolazione stradale. Tale argomento è di particolare interesse in quanto molte delle strade pubbliche sono ormai costantemente poste sotto videosorveglianza e pertanto può capitare a chiunque di commettere un’infrazione potenzialmente ripresa da videocamere “pubbliche”.
Come già precisato nel precedente articolo, ogni ripresa video di una persona fisica costituisce – di principio – un’elaborazione di dati personali e pertanto, potenzialmente, costituisce una lesione della personalità, salvo che ricorrano motivi giustificativi, previsti dalla Legge sulla protezione dei dati (LPD) oppure da altre leggi di diritto pubblico. Ogni elaborazione di dati personali da parte degli enti pubblici richiede una base legale, ivi inclusa la videosorveglianza: pertanto, le riprese del suolo pubblico possono essere effettuate unicamente laddove vi sia una legge (e, se del caso, un relativo regolamento) che ponga i limiti e le modalità di tale elaborazione di dati personali. Laddove la videosorveglianza da parte di un ente pubblico avvenga in violazione di tali leggi (o regolamenti), le relative riprese sono da considerarsi quali dati personali illecitamente acquisiti. Di conseguenza, esse non possono essere utilizzate quali mezzi di prova nell’ambito di un procedimento penale (ma anche civile o amministrativo), in ossequio all’art. 141 cpv. 2 CPP, salvo che il loro utilizzo sia indispensabile per far luce su gravi reati.
Il Tribunale federale si è recentemente chinato su tale fattispecie nella decisione TF 6B_1288/2019. In concreto, nel Canton Basilea, una sinagoga (ente pubblico) ha installato un sistema di videosorveglianza del suolo pubblico in accordo con la Polizia cantonale, per scopi di sicurezza. Tale sistema di videosorveglianza ha casualmente ripreso una grave infrazione alla Legge sulla circolazione stradale, compiuta da un automobilista, il quale è stato condannato proprio sulla base delle predette riprese video.
Tuttavia, la sinagoga non ha rispettato una disposizione della legge cantonale basilese sull’informazione e protezione dei dati personali (Gesetz über die Information und den Datenschutz), la quale prevede, all’art. 18 cpv. 1, che ogni ente pubblico che installi un sistema di videosorveglianza del suolo pubblico debba redigere anche un relativo regolamento, da sottoporre per approvazione all’incaricato cantonale della protezione dei dati. Ciò che la sinagoga non aveva fatto.
Di conseguenza, il Tribunale federale ha sancito che la ripresa effettuata dal sistema di videosorveglianza della sinagoga fosse da ritenersi illecitamente acquisita, risultando lesiva della personalità dell’automobilista. Pertanto, la ripresa non avrebbe potuto essere usata, quale mezzo di prova, nell’ambito del procedimento penale aperto a carico di quest’ultimo, non risultando il reato addebitatogli un “grave reato” ai sensi dell’art. 141 cpv. 2 CPP.
La pronuncia in esame, a mio modo di vedere, costituisce un interessante spunto di riflessione sul grado di diligenza richiesto agli enti pubblici nell’uso di sistemi di videosorveglianza (sempre più diffusi): sebbene motivi di pubblica sicurezza giustifichino l’installazione di videocamere che riprendano il suolo pubblico, occorre comunque che gli enti rispettino, in modo scrupoloso, le normative federali e cantonali in materia di protezione dei dati. In caso contrario, lo scopo perseguito potrebbe essere – come nel caso in esame – completamente vanificato a causa della mancata utilizzabilità delle riprese a fini probatori contro autori di reati.
Infine, si rileva come – per il Canton Ticino – la Legge sulla protezione dei dati personali (LPDP) ed il relativo Regolamento (RLPDP) non prevedano alcuna prescrizione specifica che regoli la videosorveglianza pubblica. Infatti, il Consiglio di Stato, nel 2009, ha rinunciato ad una regolamentazione cantonale, lasciando ai singoli enti pubblici l’onere di emanare i Regolamenti relativi alla videosorveglianza (1). Pertanto, ciascun ente pubblico che implementi un sistema di videosorveglianza dovrà emanare un Regolamento che funga da base giuridica formale: per quanto riguarda i Comuni, le disposizioni possono essere inserite in un regolamento comunale esistente oppure possono essere oggetto di un regolamento comunale ad hoc.
Visto quanto sopra, in caso di utilizzo in sede penale di riprese effettuate da un sistema di videosorveglianza pubblico situato in Ticino, l’eventuale liceità della ripresa andrà valutata alla luce dei singoli Regolamenti (comunali o dell’ente pubblico interessato) e non alla luce della normativa cantonale.
Per qualsiasi chiarimento, restiamo a vostra disposizione.
(1) https://www4.ti.ch/fileadmin/CAN/SGCDS/ICPD/PDF/TEMI/Videosorveglianza_rapporto_ICPD_12.2009.pdf)